La globalizzazione, fasi storiche e prospettive

Tre domande a Jean-Jacques Friboulet

La globalizzazione degli anni ’80 ha avuto effetti su paesi come la Cina, la cui ascesa, a sua volta, ha avuto conseguenze sugli Stati Uniti e sui paesi europei. Dopo una fase di apertura dei mercati, la situazione è recentemente cambiata con il ritorno delle politiche protezionistiche. Cosa è successo e quali sono state le conseguenze della globalizzazione? Cosa ci riserva il futuro?

Abbiamo affrontato queste domande con Jean-Jacques Friboulet.

Moduli in relazione alla globalizzazione
Il modulo di Iconomix «Divisione del lavoro e commercio» affronta, con il gioco «SOS disperso nel pacifico del sud», il commercio internazionale, la specializazione e i vantaggi comaprati. L’Add-on di éducation21 mette a fuoco la nozione di sostenibilità.
Per quanto riguarda il modulo «Beni comuni», questo affronta, con il gioco educativo «Pesca allo stagno», lo sfruttamento eccessivo delle risorse.

Iconomix: La globalizzazione ha subito un’accelerazione con la fine della Guerra Fredda. In quale fase storica ci troviamo oggi?

Jean-Jacques Friboulet: La storia economica attraversa cicli. Un ciclo di apertura dei mercati dei capitali e del commercio è iniziato negli anni ’80 e si è concluso alla fine degli anni 2010. Un ciclo di chiusura dei mercati è iniziato nel 2020. La globalizzazione che abbiamo vissuto alla fine del 20° secolo e all’inizio del 21° secolo ha due dimensioni: finanziaria e commerciale. La globalizzazione finanziaria è caratterizzata dalla libertà di movimento dei capitali tra paesi e dalla deregolamentazione finanziaria all’interno dei paesi. Sotto la guida degli Stati Uniti, il capitale finanziario circolava liberamente in tutto il mondo. Ha investito massicciamente nelle regioni del sud, soprattutto in Asia, e ha fatto emergere nuove potenze come la Cina e l’India. Questo investimento è stato accompagnato dalla creazione di industrie in questi paesi e da una nuova concorrenza internazionale. Questi movimenti di capitali hanno portato alla formazione di manodopera altamente qualificata negli Stati interessati e ad una forte crescita. Il prodotto interno lordo (PIL) della Cina si è decuplicato in vent’anni (2001-2021). Ma questi movimenti di capitali non avrebbero potuto avere un tale effetto senza la completa apertura del commercio internazionale. A questo livello, la data chiave è il 2001, quando la Cina ha aderito all’Organizzazione mondiale del commercio (OMC).

Quali sono state le conseguenze dell’adesione della Cina all’OMC?

Le sue esportazioni sono aumentate dal 2001 al 2021 da 325 miliardi di dollari a 2500 miliardi di dollari. Inizialmente, i beni a basso costo hanno invaso i mercati dei paesi occidentali, provocando un sostanziale calo dell’inflazione. Grazie al suo sviluppo industriale, la Cina è riuscita a spostarsi verso un livello superiore, al punto da mettere oggi in pericolo interi settori dell’industria europea e americana. Ora, gli Stati Uniti, stanno cercando di proteggersi aumentando i dazi doganali. Una delle conseguenze di questa globalizzazione è il massiccio aumento dei posti di lavoro industriali in Asia e il forte calo di questi posti di lavoro in Europa e negli Stati Uniti. I paesi meno competitivi sono stati colpiti per primi (ad esempio Francia e Italia). La Svizzera è stata meno colpita grazie alla sua tradizione di esportazione e alle riforme avviate sul mercato interno negli anni Novanta.
Oggi nei grandi paesi come gli Stati Uniti e la Germania il libero scambio industriale viene messo in discussione. La Svizzera vorrebbe evitare questo movimento perché è tradizionalmente un Paese esportatore. La sua bilancia commerciale è positiva e il suo mercato interno è troppo ristretto per le sue industrie. Ma non potrà farcela da sola e dovrà fare i conti con l’Unione Europea.

Quali sono le prospettive ?

Siamo entrati in un nuovo ciclo storico di chiusura e protezionismo. In un primo tempo questo colpisce i mercati delle merci con l'aumento dei dazi doganali. Ma questo protezionismo non impedirà una forte concorrenza tra le industrie attraverso l'innovazione. L'intelligenza artificiale rivoluzionerà una serie di modi di produrre. La Cina e gli Stati Uniti sono, in questo campo, un passo avanti sull'Europa. 
Un secondo punto importante è il protezionismo agricolo e riguarda questa volta i rapporti tra l'Europa e le Americhe. La libera concorrenza tra questi due continenti non può che andare a scapito degli agricoltori europei. La loro sopravvivenza è in gioco se vogliono mantenere un'agricoltura sostenibile che si adatti alla terra e protegga la biodiversità. Questo problema vale anche per la Svizzera.
Una terza questione riguarda la popolazione. A causa dell'invecchiamento in Europa e in Cina, i paesi dovranno affrontare una carenza di manodopera qualificata che è già presente in alcune professioni. Dovranno accettare una certa immigrazione ma questa necessità si scontra con lo sviluppo dei nazionalismi che accompagna il protezionismo e il calo degli standard di vita negli Stati Uniti e in alcuni paesi vicini (Gran Bretagna, Francia, Germania o Italia). 
Le prospettive economiche sono quindi meno favorevoli che nel periodo precedente. Il consumo dovrà necessariamente diminuire se si vuole investire in misura sufficiente nella protezione del clima. I nostri concittadini dovrebbero cambiare il loro comportamento. Questo è possibile ma non è certo, tenuto conto delle scelte di consumo che vengono fatte.

 

Jean-Jacques Friboulet

Foto: Jean-Jacques Friboulet

Jean-Jacques Friboulet è professore emerito dell’Università di Friburgo. Ha ottenuto il Dottorato e l’abilitazione in Scienze economiche all’Università della Borgogna. Dal 2011 al 2013, è stato decato della Facoltà di Scienze economiche e sociali dell’Università di Friburgo. I suoi ambiti di ricerca sono la storia del pensiero economico, l’etica economica e sociale e l’economia dello sviluppo.

Articolo di:
Iconomix Team
creato il 22.04.2025