Secondo un recente sondaggio i giovani lasciano il Ticino per studio e per lavoro. Perché? Quali sono le soluzioni possibili? Cosa possono fare gli istituti universitari della Svizzera italiana in merito? Ci sono prospettive di impiego in Ticino dato il contesto di globalizzazione e innovazione tecnologica?
Negli ultimi 15 anni si è assistito a un numero di partenze superiore a quello degli arrivi nei flussi migratori fra il Ticino e il resto del Paese. Il saldo è passato da positivo a negativo, con un rovesciamento di tendenza attribuibile alle partenze di giovani fra i 20 e i 39 anni. Nel 2015 Elio Venturelli scrisse infatti sull’Archivio Storico Ticinese: «Mentre il nostro cantone, fino all’inizio degli anni ’90, ha beneficiato di un apporto consistente, valutabile attorno alle 2100 unità, di giovani provenienti da oltre Gottardo, negli ultimi 15 anni si è verificato un saldo negativo, a favore degli altri cantoni, di grossomodo 2600 unità». Si torna così a parlare di «terra d’emigrazione», come nell’Ottocento. Un recente sondaggio realizzato dall’Osservatorio della vita politica regionale dell’Università di Losanna ha confermato il fenomeno.
Come spiegare questa tendenza? Stipendi bassi, opportunità di carriera più allettanti altrove e aumento dei frontalieri sono fattori che spingono i giovani ticinesi a cercare lavoro oltre Gottardo? Cosa si può fare?
Pietro Nosetti, docente al Liceo di Locarno e alla Scuola Cantoanle di Commercio (la SCC) di Bellinzona e consulente per Iconomix, ha affrontato il tema con Emanuele Carpanzano, direttore del Dipartimento tecnologie innovative (DTI) della SUPSI.
Emanuele Carpanzano: In realtà, per quanto riguarda il Dipartimento tecnologie innovative (DTI) della SUPSI, osservo una situazione differente: la maggior parte dei diplomati nel Bachelor e nel Master trova un posto di lavoro in aziende ticinesi. Questo grazie anche al fatto che durante gli studi vengono realizzati dei progetti in azienda e per l’elevata domanda di tecnici, informatici e ingegneri proveniente dall’economia. Per contro, un fenomeno di migrazione fuori cantone lo constato subito dopo le scuole secondarie. L’importanza di un’esperienza in Svizzera interna o in Svizzera francese per consolidare le competenze linguistiche, affrontare un’esperienza culturale e di vita, nonché l’assenza di taluni corsi a livello terziario in Ticino, come per esempio nell’ambito dell’ingegneria chimica, sono fattori che spiegano questa tendenza. Alcuni giovani tornano in Ticino dopo l’esperienza fuori cantone, mentre altri si confrontano con condizioni di lavoro e salariali che li trattengono al di là delle Alpi dove non mancano aziende interessanti e opportunità di carriera. Del resto, un’esperienza formativa fuori cantone è anche benvenuta purché questa avvenga in modo reciproco fra i cantoni stessi.
Occorre creare le condizioni su un piano sistemico, ed è più facile a dirsi che a farsi, affinché emerga un’offerta di posti di lavoro altamente qualificati e gratificanti. Detto altrimenti, occorre operare sul tessuto ticinese affinché si sviluppino le capacità economiche e d’innovazione che faranno poi emergere dei posti di lavoro attrattivi per i contenuti e per il livello salariale. La crescita di aziende con un importante valore aggiunto, favorito dall’innovazione intesa come capacità di creare nuovi prodotti, servizi e attività sempre meglio rispondenti alle aspettative del mercato e delle persone, è quindi di primaria importanza. Le istituzioni universitarie della Svizzera italiana, USI e SUPSI, possono contribuire, e già lo fanno, su due piani. In primo luogo, attraverso la formazione di professionisti altamente competenti. In secondo luogo, interagendo con le aziende del territorio e supportandone la crescita. Nel caso dei corsi di formazione del DTI, già abbiamo inserito lo sviluppo di nuove competenze come le capacità imprenditoriali e creative, il problem solving e altre capacità attitudinali che completano le competenze tecniche e che favoriscono l’innovazione. Inoltre, abbiamo attualmente in corso oltre 120 progetti con aziende del territorio in differenti ambiti. Ad esempio in quello digitale e della scienza dei dati, come in quelli delle tecnologie di produzione e medicali.
La pandemia ha accelerato dinamiche di trasformazione che già erano in corso e che riguardano anche i vincoli geografici del lavoro. Molte aziende hanno riorganizzato le proprie attività e importanti società hanno deciso di non ritornare interamente all’attività in presenza. In futuro, sarà quindi meno necessario spostarsi fisicamente per recarsi al posto di lavoro. Si tratta pertanto di pensare anche alle condizioni necessarie per ospitare in Ticino i lavoratori più che i posti di lavoro in sé, visto che le relative attività potranno essere svolte anche a distanza. Ad esempio, se fino a ieri, lavorare a Zurigo significava risiedere per l’intera settimana fuori cantone, possiamo ora immaginare attività lavorative che vengono svolte in località distinte e lontane dalla sede dell’azienda. Il Ticino, su questo fronte, offre condizioni di contesto – oltre che geografiche e territoriali – che potranno favorire, più che in passato, l’insediamento di aziende e attività lavorative maggiormente flessibili e innovative. Oltre a ciò il Ticino dovrà individuare alcuni ambiti nei quali specializzarsi per differenziarsi dalle altre regioni e accrescere la propria attrattività per le aziende. Il processo in questo senso è già in corso sia sul piano federale sia a livello regionale. Sarà importante saper cogliere e sostenere i propri caratteri distintivi in termini di competenze e capacità di innovazione, in linea con l’approccio perseguito dal Parco dell’innovazione promosso dal Cantone, che vuole proprio creare le migliori condizioni per generare nuovi posti di lavoro ad alto valore aggiunto.
Dopo gli studi di ingegneria elettronica, Emanuele Carpanzano ha ottenuto un dottorato di ricerca in ingegneria informatica e automatica presso il Politecnico di Milano. Ha lavorato presso il Politecnico di Milano, il Consiglio Nazionale delle Ricerche e la Scuola Universitaria della Svizzera Italiana (SUPSI), dove dal 2014 dirige il Dipartimento tecnologie innovative (DTI).
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