Tre domande ad Angelo Rossi

Nel 2020 la popolazione residente in Ticino è diminuita di 505 unità.

Invecchiamento demografico, migrazione e attrattività regionale.

La Svizzera, come tutti i paesi occidentali, si trova a dover fare i conti con l’invecchiamento demografico: l’allungamento della speranza di vita da una parte e la riduzione del tasso di natalità dall’altra ne sono alcune cause. Ciononostante, la popolazione cresce, anche grazie al saldo migratorio internazionale. In Ticino però, oltre a queste tendenze di fondo, si sta registrando anche un calo demografico dopo la forte crescita avvenuta negli ultimi settant’anni. Così, alla fine del 2020, la popolazione di questa regione ammontava a 350 986 persone, per il 72% di origine svizzera e per quasi il 28% di origine straniera. Mentre la quota di persone straniere registra un leggero aumento, fra i residenti svizzeri il calo è significativo. Per diversi anni il saldo migratorio ha compensato il saldo naturale negativo, ma ora anche il primo si è eroso.
Quali sono le cause di questa situazione? Riguarda solo il Ticino o anche altri Cantoni? Quali sono le possibili conseguenze per l’economia e la società ticinese? Occorre intervenire? Se sì, come?

Pietro Nosetti: Nel 2020 la popolazione residente in Ticino è diminuita di 505 unità. In un’ottica di evoluzione a lungo termine si tratta di un fenomeno nuovo per il Cantone? Quali ne sono le cause?

Angelo Rossi: La popolazione residente nel Cantone Ticino è, in generale, sempre aumentata. Ci sono stati nel passato periodi di stagnazione. Si tratta normalmente di periodi con condizioni economiche difficili come tra il 1850 e il 1870, o di conflitti bellici, come il decennio tra il 1910 e il 1920. Se consideriamo l’evoluzione demografica dell’ultimo secolo non credo che troviamo in Ticino un periodo di diminuzione della popolazione che duri più anni, come è stato il caso nella seconda metà del decennio scorso. Questo per quanto riguarda il passato. Per il futuro abbiamo previsioni che ci dicono che la popolazione diminuirà, anche se solamente di qualche migliaio di abitanti. Sembra quindi che stiamo entrando in una fase di stagnazione demografica a lungo termine. Le cause sono in primo luogo l’invecchiamento e, fenomeno più recente, il ridimensionamento dei flussi migratori. Per la popolazione che viene da fuori sembra che il Ticino sia diventato meno attrattivo.

La situazione demografica ticinese riguarda anche altri Cantoni oppure è specifica al nostro? Per quale motivo?

La stagnazione demografica per effetto dell’invecchiamento della popolazione riguarda praticamente tutti i paesi europei ad economia avanzata. Tra i più colpiti da questo fenomeno figura l’Italia che negli ultimi anni ha pure registrato una diminuzione degli abitanti. Per quel che riguarda il resto della Svizzera, gli effetti dell’invecchiamento sono spesso mascherati dalle correnti migratorie interne. I Cantoni che ospitano i grandi agglomerati urbani hanno conosciuto un aumento demografico sostenuto nel corso degli ultimi trent’anni. I Cantoni periferici e di montagna, invece, di regola fanno fatica a tenere il ritmo. La popolazione del Cantone di Glarona, per esempio, non è praticamente aumentata durante gli ultimi settant’anni. Anche quello di Neuchâtel ha una linea di evoluzione piatta. Si tratta di Cantoni che, oltre ad essere periferici, avevano, all’uscita dal secondo conflitto mondiale, una base economica fondata sull’industria che è praticamente andata persa negli anni Settanta dello scorso secolo.

Quali sono le possibili conseguenze economiche e sociali di un continuo e persistente calo demografico? Si possono immaginare delle misure per contenere eventuali conseguenze negative? Quali?

Le conseguenze della diminuzione della popolazione sono in generale negative. L’economia ticinese fatica a trovare la manodopera che le occorre perché la quota delle persone attive sta lentamente diminuendo. Bisogna far ricorso a manodopera frontaliera che, da un lato, assicura una crescita modesta del prodotto interno lordo ma, dall’altro, genera costi sociali, in particolare a livello di traffico. Il Ticino poi possiede la quota probabilmente più elevata di abitazioni vuote della Svizzera. A partire da un certo momento è possibile che le infrastrutture pubbliche costruite per i giovani, pensiamo agli asili infantili e alle scuole, saranno sottoutilizzate, mentre il fabbisogno di infrastrutture per la terza età non potrà più essere soddisfatto. Sì, è possibile immaginare una politica di ripopolamento del Cantone, soprattutto nelle zone urbane. Occorrono misure che permettano di migliorare l’attrattiva di queste zone per le famiglie giovani sia sotto il profilo dell’occupazione che dell’abitazione.

Angelo Rossi

Angelo Rossi è stato docente di economia regionale al Politecnico di Zurigo e ha insegnato anche all’Istituto superiore di studi in pubblica amministrazione (IDHEAP) presso l’Università di Losanna. Dal 1998 al 2003 ha diretto la Scuola universitaria professionale della Svizzera Italiana (SUPSI). Ha al suo attivo numerose pubblicazioni fra le quali: «Un’economia a rimorchio» (1975), «Dal purgatorio al paradiso: lo sviluppo secolare dell’economia ticinese» (2005) e «Metamorfosi: tre saggi sulle trasformazioni che hanno accompagnato lo sviluppo socio-economico secolare del Ticino» (2020).

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Articolo di:
Pietro Nosetti
creato il 11.04.2022
cambiato il 24.10.2022