Le riforme e il ruolo di docente nella scuola del secondario II. Tre domande a Manuele Bertoli

Come cambiano e come sono cambiati la scuola e il ruolo di docente nel medio superiore II in Ticino?

All’interno del sistema educativo svizzero, le scuole del secondario II si posizionano all’inizio del post-obbligatorio e portano alla maturità, la quale permette il passaggio alle scuole del terziario come le università, i politecnici e le scuole universitarie professionali. Gli istituti del secondario II hanno, in Svizzera e in Ticino, una lunga storia: la Scuola cantonale di commercio di Bellinzona ad esempio ha iniziato i corsi nel 1895. Un percorso storico, quello delle scuole, costellato di trasformazioni e riforme influenzate da fattori sociali, economici e politici. Fra questi, negli ultimi decenni sono rientrate anche le ricerche relative ai processi educativi nel campo delle neuroscienze e delle prassi didattiche. Ciò ha rinnovato le riflessioni sulle strategie pedagogiche e sul ruolo di docente. Inoltre, negli ultimi anni hanno preso avvio nuove riforme a livello federale che riguardano sia le scuole professionali che quelle di maturità, attualmente frequentate in Ticino da circa 17 000 studenti fra istituti pubblici e privati. In questo contesto, come cambia e si inserisce il ruolo di docente? E in che direzione stanno evolvendo le scuole del secondario superiore?

Ne abbiamo discusso con il Consigliere di Stato Manuele Bertoli, direttore del Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport.

Pietro Nosetti: Dall’ottenimento della sua patente di maestro di scuola elementare a quello della carica di responsabile – ancora per pochi mesi – del Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport (DECS), come si sono trasformate le scuole del medio superiore II?

Manuele Bertoli: In passato, dopo il ginnasio di cinque anni o le scuole maggiori di tre anni con la possibile aggiunta di due anni complementari, si poteva accedere al liceo, della durata di tre anni, alla Scuola cantonale di commercio, che già esisteva, o alla Scuola magistrale per la patente di maestro, che permetteva pure il passaggio all’università. Con l’introduzione della Scuola media unica, di quattro anni, le scuole del medio superiore II sono diventate di quattro anni, mentre la formazione per i docenti è stata spostata al livello terziario. La riforma liceale degli anni ’90 ha fissato l’impianto tuttora in vigore, basato su un insegnamento orientato alla cultura generale, pur con opzioni specifiche e complementari. Un insegnamento quindi ampio che include tutte le discipline. Per quanto riguarda le lingue, va segnalata l’introduzione di percorsi formativi bilingui in alcuni istituti cantonali e la promozione di scambi linguistici, anche se non sempre facili da organizzare.

Qual è oggi il ruolo del o della docente alla luce delle ricerche nei campi delle neuroscienze e dell’educazione? Questo ruolo è cambiato rispetto al passato?

In realtà il ruolo è rimasto lo stesso. Già da tempo si è compresa la necessità di unire l’apprendimento con l’esperienza: si apprende studiando e attraverso lo svolgimento di attività. Le neuroscienze l’hanno, del resto, confermato: il cervello apprende meglio se si fa, se si usano le conoscenze. Questo pone degli interrogativi sull’efficacia di lezioni solo frontali. Infatti, il docente deve trovare delle modalità per unire la conoscenza con l’esperienza. L’autonomia didattica, anche per questo, è un punto di forza in quanto permette al docente, confrontandosi con i colleghi, di sviluppare e adottare le strategie didattiche che meglio funzionano. Le nuove tecnologie offrono, da questo punto di vista, alcune possibilità da percorrere. D’altra parte, la formazione dei docenti si è sviluppata molto: in passato, dopo la licenza universitaria era sufficiente una lezione di prova per essere assunti nei licei. Oggi è necessaria un’abilitazione. Questo ha sollevato, fin dagli anni ’80, delle critiche. Quelle sulla qualità di questa formazione erano, e sono, più che opportune, meno quelle riguardanti l’introduzione dell’abilitazione in quanto tale.

Cosa si aspetta dalle riforme in corso per le scuole professionali e l’insegnamento liceale? Inoltre, a che punto si trovano queste riforme?

La riforma liceale, conclusa la consultazione, entra nella fase decisionale. Questa coinvolge il Consiglio federale, per l’ordinanza, e la Conferenza dei direttori cantonali della pubblica educazione (CDPE) per il regolamento. Ci sono ancora dei punti da dirimere, ma confido che si troverà una buona soluzione, mentre l’implementazione richiederà del tempo. La riforma professionale è già in fase di attuazione, non senza difficoltà e con tempi più lunghi di quanto inizialmente stimato. Penso che il liceo debba mantenere un insegnamento non specialistico, basato pertanto sulla cultura generale. Del resto, questa non va neppure sacrificata nelle scuole professionali che, in parte, già sono molto specialistiche. Per tornare al tema dell’insegnamento delle lingue, la diffusione dei traduttori automatici porterà a una riflessione su come affrontarle all’interno del sistema scolastico. Infine, la riforma liceale, oltre ad uniformare la durata di quattro anni in tutti i Cantoni, dovrebbe introdurre un sistema di accreditamento degli istituti, così come già avviene per le università, le scuole universitarie professionali (SUP) e le scuole professionali.

Manuele Bertoli

Dopo aver ottenuto la patente di maestro di scuola elementare ha intrapreso studi in legge a Ginevra conseguendo la licenza in diritto nel 1988. Affetto da una malattia congenita che comporta la degenerazione della retina ha perso gradualmente la vista. È stato segretario dell’Associazione Inquilini per la Svizzera italiana dal 1988 al 2002, quando ha assunto la direzione di Unitas, l’associazione ciechi e ipovedenti della Svizzera italiana.
Già membro del Consiglio d’amministrazione di Banca Stato, è stato municipale a Balerna e membro del Gran Consiglio dal 1998 al 2011. Ha partecipato a numerose attività di volontariato e di impronta sociale ed è stato per sette anni presidente del Partito Socialista.
È Consigliere di Stato e direttore del Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport dall’aprile 2011.
Nato nel 1961, è sposato e ha due figli.

Articolo di:
Pietro Nosetti
creato il 27.01.2023
cambiato il 04.04.2024