Fra i temi che in Svizzera preoccupano i giovani, ma non solo, rientrano anche la previdenza per la vecchiaia e la sicurezza economica durante la pensione. Iconomix propone differenti moduli correlati a questi argomenti: Cambiamento demografico propone un approccio per affrontare il tema a lezione; Previdenza per la vecchiaia fornisce le nozioni basilari relative all’AVS, alla previdenza professionale e alle sfide cui è confrontato il sistema previdenziale svizzero.
Recenti studi affrontano l’invecchiamento demografico e il mancato ritorno in Ticino da parte di giovani laureati e laureate fuori cantone. Quali sono allora le tendenze demografiche in atto sul territorio e quali le conseguenze? Il Covid e Alptransit hanno modificato queste evoluzioni?
Abbiamo posto queste domande a Gian Paolo Torricelli.
Gli effetti della pandemia sul territorio e la demografia sono stati analizzati da Gian Paolo Torricelli e da altri ricercatori nel capitolo «Gli effetti della pandemia Covid-19 sull’insediamento: stimoli per politiche attive di domiciliazione», parte del libro curato da I. Dandrea e E. Slerca.
Gian Paolo Torricelli: La pandemia Covid-19 ha provocato un arresto della crescita demografica nelle grandi città che prevaleva dal 2010. Dal 2019 Milano, Zurigo, Ginevra e molte altre città europee hanno smesso di crescere. Per contro, fra il 2019 e il 2022 diverse città piccole e medie, come alcuni «quartieri» della Città-Ticino, hanno conosciuto un incremento demografico superiore al quadriennio precedente. La demografia del Ticino si inserisce in questo contesto inter-metropolitano, con strutture ed evoluzioni diverse da quelle di Zurigo e dei cantoni urbani. Il Ticino è il cantone più «anziano» della Svizzera, ma lo è meno dei vicini lombardi o piemontesi. È anche da una ventina d’anni il cantone con il tasso di natalità più basso del Paese e questo è legato all’invecchiamento (più anziani comportano meno nascite). Tuttavia, come risulta dal grafico seguente, i residenti in Ticino hanno un comportamento demografico vicino a quello delle aree italiane, e in particolare dal 2019 – seppur in modo meno pronunciato – il cantone registra un sensibile calo della natalità. A Zurigo, Vaud e a Ginevra la diminuzione è invece meno importante. Dal punto di vista demografico la Città-Ticino sembra quindi una «una provincia lombarda in Svizzera».
Un altro fattore da considerare è l’immigrazione, che dall’inizio del XXI secolo ha permesso al Ticino di compensare il calo della natalità. Dal 2016 la tendenza è però cambiata: la maggior parte dei nuovi lavoratori preferisce ora fare il frontaliere. Nel frattempo, c’è stato un aumento sensibile delle partenze di giovani ticinesi verso le città dell’altipiano: per ragioni economiche, infatti, il cantone non è più attrattivo come luogo di insediamento per chi ha redditi medio-bassi, con la conseguenza, visto l’aumento dei frontalieri, di un traffico maggiore sulle strade della Città-Ticino.
È un fatto che Alptransit avvicini le città svizzere al Ticino; dal punto di vista del turismo è molto positivo. Oggi, anche considerando il telelavoro, si può immaginare una vita da pendolare tra Lugano (o Bellinzona) e Zurigo. Questa situazione permette di fruire di salari più elevati da spendere in Ticino e può essere un vantaggio per alcuni. Per contro, se guardiamo la situazione dalla prospettiva delle reti urbane tra Milano e Zurigo non sono sicuro che alla lunga questa nuova «vicinanza» permetta la crescita di attività ad alto valore sul territorio cantonale. Anzi, senza un intervento pubblico è molto probabile che si verifichi il contrario, ossia lo sviluppo ulteriore di consumo di suolo a favore di servizi alle imprese a basso o medio valore aggiunto che impiegano massicciamente frontalieri. Quindi ritengo sia assolutamente cruciale per l’economia ticinese continuare a capitalizzare sulla società della conoscenza, investendo nella ricerca in USI e SUPSI, che già hanno saputo attirare fondi, studenti e docenti su scala nazionale e internazionale.
È necessario riflettere sui tre fattori citati all’inizio. L’invecchiamento è un fatto strutturale, sarà necessario sviluppare di più i settori delle cure geriatriche con le specializzazioni annesse. Se invece vogliamo migliorare la natalità dobbiamo permettere alle donne che desiderano avere figli di potersi tenere un lavoro dopo il congedo maternità. Asili nido e mense scolastiche si sono sviluppati anche da noi, con un certo ritardo… è necessario continuare a svilupparli. D’altro canto, bisognerebbe riflettere su politiche di domiciliazione, secondo luoghi o aree da valorizzare, sia nei centri urbani, sia nei contesti montani, ma ciò richiede uno sforzo collettivo sul piano dell’economia e della pianificazione locale, dei servizi di prossimità (ad es. scuole, ospedali, trasporti pubblici, aree di co-working, spazi pubblici per il tempo libero, ecc.) in modo da offrire luoghi attrattivi per chi si insedia, senza trascurare il settore immobiliare.
Fonte: foto messa a disposizione da Gian Paolo Torricelli
Gian Paolo Torricelli, geografo, docente-ricercatore in pensione. Dopo aver approfondito e sviluppato studi e insegnamenti di cartografia e di sistemi d’informazione geografica (GIS) presso l’Università di Ginevra, dal 1992 al 2004 è stato direttore aggiunto dell’Istituto di ricerche economiche (IRE). Ha insegnato presso l’Università di Ginevra, l’Università degli studi di Milano, l’Università di Grenoble-Alpes e l’Università di Buenos Aires. Tra il 2007 e il 2022 è stato direttore dell'Osservatorio dello sviluppo territoriale (OST) e professore di Geografia urbana e di Sviluppo territoriale presso l’Accademia di architettura di Mendrisio (USI). È autore di una cinquantina di pubblicazioni scientifiche e divulgative.