Che cos’è un’assicu­razione?
Che cos’è un’assicu­razione?

Articolo specialistico

Che cos’è un’assicu­razione?

A che cosa servono le assicurazioni?

Nella vita non ci sono solo momenti felici e nessuno è al riparo da disgrazie come un incidente o una grave malattia. Anche nel mondo del lavoro rischi quali la perdita di un carico di merce durante il trasporto sono inevitabili. Benché sia impossibile premunirsi completamente contro questi rischi, è tuttavia possibile proteggersi dai danni finanziari che essi comportano. È appunto questo tipo di protezione che offrono le assicurazioni.

Le assicurazioni sono essenziali per il buon funzionamento di una moderna economia di mercato. In loro assenza moltissime transazioni economiche, come ad esempio il trasporto delle merci, sarebbero semplicemente irrealizzabili, perché il rischio di un’ingente perdita finanziaria sarebbe troppo grande.

In Svizzera operano circa 190 compagnie d’assicurazione private che danno occupazione a pressoché 50 000 dipendenti (dati del 2021). Il settore comprende tra gli altri i rami vita, danni, infortuni, malattie e le riassicurazioni.

Come funzionano le assicurazioni?

Chi sottoscrive una polizza è tenuto a pagare una certa somma, denominata premio, alla compagnia d’assicurazione. In caso di sinistro, quest’ultima (indicata come assicuratore) indennizza i danni finanziari subiti dall’assicurato attingendo al fondo premi; la somma versata alla parte lesa non può tuttavia superare un limite massimo stabilito contrattualmente (massimale). L’assicuratore può offrire questo servizio solo perché è riuscito a stipulare un gran numero di contratti con privati e società. Poiché solo una minima parte degli assicurati subirà effettivamente il sinistro, il danno finanziario è ripartito tra un gran numero di persone che pagano il premio (si veda in proposito il riquadro «La legge dei grandi numeri» a destra).

Questo principio, che consiste nel riunire i rischi e nell’assumerli collettivamente, si chiama «assunzione collettiva dei rischi» (illustrazione seguente).

La legge dei grandi numeri

Supponiamo che una società che offre un’assicurazione economia domestica abbia 10 000 clienti e che la probabilità di un incidente sia identica per tutti i suoi assicurati e pari all’1%. In altri termini, in media 100 persone subiranno dei danni finanziari in seguito, ad esempio, a un incendio. Se ognuno di questi 10 000 clienti versa un premio assicurativo annuale di 500 franchi, l’assicuratore incassa 5 milioni di franchi l’anno. Senza tener conto delle spese amministrative, questa somma è sufficiente per versare un indennizzo di 50 000 franchi a ogni parte lesa. Ma che cosa succede se all’improvviso si registrano 120 sinistri invece di 100? Per fortuna una simile eventualità è molto improbabile, perché le assicurazioni si basano su una regola chiamata «legge dei grandi numeri». Questa regola permette loro di valutare con un buon grado di precisione il numero di sinistri attesi in futuro. Quanto maggiore è il numero degli assicurati, tanto più la frequenza del verificarsi di un determinato sinistro (ad esempio un incendio) si avvicina alla media osservata nel lungo termine (o media teorica).

Che cosa possiamo assicurare?

Come detto in precedenza, un’assicurazione non ripara i danni. Essa li indennizza unicamente a livello finanziario. Un’assicurazione contro gli incendi non impedirà che questi avvengano, ma proteggerà gli assicurati dalle perdite materiali da loro causate.

Non tutte le tipologie di danni possono essere assicurate. Si devono verificare le seguenti condizioni affinché le compagnie di assicurazione possano proporre una copertura:

1. Il sinistro deve essere chiaramente definito nel contratto di assicurazione.

Per esempio: l’attacco dell’11 settembre contro le torri gemelle del World Trade Center, che ha visto il coinvolgimento di due aerei, deve essere considerato come un unico attentato o due attentati, e l’assicurazione deve accordare una o due coperture?

2. La probabilità che si verifichi un evento deve poter essere determinata in maniera affidabile (legge dei grandi numeri).

È infatti estremamente difficile assicurarsi contro eventi molto rari, dal momento che la loro probabilità non può essere calcolata (per esempio la caduta di un meteorite). Sarebbe inoltre utile che gli eventi siano indipendenti gli uni dagli altri: il realizzarsi di un evento non modifica la probabilità che un altro evento si concretizzi.

3. L’assicurato non deve essere in grado di influenzare in maniera determinante la probabilità che si verifichi il sinistro e l’entità del danno.

Non esiste, ad esempio, un’assicurazione che garantisca la durata di un matrimonio, la prosperità di un’impresa o il superamento di un esame.

4. Infine, deve essere economicamente possibile per la società assicuratrice fornire la prestazione.

Non è offerta nessuna protezione assicurativa quando il danno o il numero di persone interessate è molto contenuto (per esempio un’assicurazione contro la rottura della corda di una chitarra). Tuttavia, se una persona è disposta a pagare premi molto elevati per coprire un danno considerevole, essa può premunirsi contro rischi complessi e di natura molto personale, soprattutto su mercati assicurativi Lloyd’s, dove personaggi famosi assicurano anche determinate parti del loro corpo (le corde vocali di una cantante, le mani di un pianista). Quando il danno potenziale è particolarmente elevato, viene accordata solamente una copertura assicurativa limitata (incidenti di una centrale nucleare, atti terroristici, guerre…).

Da cosa dipende il premio assicurativo?

La copertura assicurativa è un bene come un altro che può essere comprato sul mercato. Il suo costo dipende dal livello di protezione desiderato. L’entità del premio sarà tanto maggiore quanto più grande è la prestazione assicurativa in caso di sinistro, quanto più elevata è la probabilità del sinistro e quanto minore è il numero degli assicurati. È per esempio più rischioso (e di conseguenza più caro) per un assicuratore offrire una copertura ospedaliera complementare in camera privata a una donna di 70 anni piuttosto che a una di 25, essendo molto più probabile che la più anziana delle due faccia valere il suo diritto alla prestazione assicurativa (si veda a proposito la figura a destra). Le tariffe delle diverse compagnie d’assicurazione tendono a uniformarsi quando vige un regime di concorrenza e di trasparenza in materia di prestazioni: le compagnie d’assicurazione A e B richiedono allora premi simili per prestazioni equivalenti.

Quando vale la pena assicurarsi?

Se la copertura assicurativa offre una prestazione minima (come ad esempio quella prevista in caso di rottura del parabrezza dell’auto), allora il consumatore deve chiedersi se valga la pena stipularla. Dato che la probabilità del sinistro è molto elevata, il premio è piuttosto consistente rispetto al danno. In alternativa, il consumatore potrebbe versare del denaro su un conto bancario o postale, poiché il risparmio costituisce anch’esso un’assicurazione contro i rischi. Il risparmio ha inoltre il vantaggio di coprire un’ampia gamma di rischi senza che essi debbano essere definiti con precisione e in anticipo (nel quadro di un contratto), come nel caso di una cosiddetta «polizza cristalli».

Se il danno potenziale è invece considerevole, il risparmio non è un’alternativa realistica alla copertura assicurativa, come ad esempio quella offerta da un’assicurazione incendi (nei cantoni dove non è obbligatoria). Per questo tipo di sinistri, che hanno una scarsa probabilità di verificarsi, i premi assicurativi sono bassi rispetto ai potenziali danni. Anche l’assicurazione malattia protegge contro grosse perdite. Poiché le spese sanitarie in caso di malattia sono spesso troppo elevate per essere finanziate con i risparmi, esiste l’obbligatorietà della copertura.

Perché è difficile assicurare a parità di premio rischi diversi?

Quando un assicuratore offre un’assicurazione auto allo stesso premio, parte dal presupposto che tutti gli automobilisti rappresentino lo stesso rischio e che tutti vogliano evitare incidenti. Che cosa succede se questa ipotesi è sbagliata?

Supponiamo che l’assicuratore venda a un automobilista con uno stile di guida imprudente un’assicurazione auto la cui tariffa è calcolata sulla base della media degli incidenti stradali attesi. L’assicurato in questione farà un buon affare, perché sebbene il rischio che causi un incidente è molto alto e rappresenti quindi per la compagnia un rischio «cattivo», egli dovrà comunque pagare un premio medio. Se la compagnia d’assicurazione sapesse che il conducente è spericolato e che prende rischi eccessivi al volante, il premio che gli verrebbe richiesto sarebbe chiaramente superiore alla media.

Inversamente, un prezzo medio non è interessante per le persone considerate rischi «buoni», poiché l’eventualità che esse incorrano in un sinistro è nel loro caso molto debole. I conducenti prudenti potrebbero essere tentati di non sottoscrivere più un’assicurazione auto, aumentando di fatto l’incidenza dei rischi «cattivi» nel portafoglio dell’assicuratore.

Quali sono le conseguenze di quest’uguaglianza di trattamento per le compagnie di assicurazione?

I premi calcolati sulla media di tutti gli automobilisti non permettono più di coprire i costi prodotti dai sinistri. L’assicuratore deve allora aumentare i premi, con il risultato di far scappare i rischi «buoni». Di conseguenza, i premi devono essere nuovamente aumentati. Questa evoluzione può spingersi fino al punto in cui per l’automobilista non vale più la pena coprirsi per il rischio.

In gergo assicurativo, questo processo nel corso del quale i rischi «buoni» abbandonano progressivamente il mercato, sul quale rimangono solo i rischi «cattivi», è chiamato «selezione avversa». In casi estremi la selezione avversa può condurre al collasso del mercato.

È possibile sventare la minaccia di una selezione avversa identificando i diversi gradi di rischio, classificandoli e assicurandoli in modo proporzionato, soprattutto adeguando le prestazioni e i premi. Le compagnie d’assicurazione per esempio accordano premi più bassi a quei conducenti che non hanno avuto incidenti da molto tempo. L’inconveniente di questo approccio è che la differenziazione concerne tutti gli assicurati e non solamente quelli che prendono rischi maggiori. Esso può essere percepito come ingiusto dal momento che non tutti i giovani hanno una guida spericolata.

Che influenza hanno le assicurazioni sui comportamenti degli assicurati?

La stipula di un contratto assicurativo può portare a una diminuzione degli sforzi per evitare il sinistro. Questo fenomeno è anche chiamato «azzardo morale», dall’inglese moral hazard. Una copertura assicurativa può (ma non deve necessariamente) indurre un cambiamento di comportamento. Due esempi a proposito: il conducente che ha stipulato un’assicurazione auto casco totale guida più veloce e in modo meno prudente, perché l’eventuale danno sarà comunque coperto dall’assicurazione; in caso di incidente automobilistico, l’assicurato farà pagare all’assicurazione anche un danno preesistente che aveva lui stesso causato (frode assicurativa).

Che conseguenze ha l’azzardo morale per le compagnie d’assicurazione?

Poiché un certo numero di assicurati prende più rischi, si registra un maggior numero di sinistri. I costi aumentano e, di conseguenza, anche i premi richiesti. L’assicurazione diventa allora sempre meno conveniente e interessante per le persone prudenti. Alcune decideranno di rescindere il contratto o di cambiare compagnia assicurativa. Per l’assicuratore i costi subiranno un’impennata e i premi aumenteranno ulteriormente. Se il prodotto cessa di essere redditizio, l’assicuratore potrebbe chiedersi se valga ancora la pena di proporlo.

L’introduzione di una franchigia può contribuire a risolvere il problema dell’azzardo morale. Le parti convengono contrattualmente che una parte del danno (espressa come importo fisso o come percentuale sulla somma assicurata) resti a carico dell'assicurato. Più elevata è la franchigia, meno l’assicurato sarà tentato di prendere rischi inutili. Inconveniente: solo una parte del danno è assicurabile.

L’assicuratore può inoltre diminuire i comportamenti rischiosi degli assicurati grazie a un meccanismo di bonus-malus: gli assicurati che subiscono un sinistro devono pagare premi più elevati. In contropartita, quelli che non subiscono alcun sinistro beneficiano, per il periodo seguente, di una riduzione del premio.

Come si proteggono gli assicuratori?

Raggruppando i rischi, l’assicuratore può ripartirli su un gran numero d’individui (si veda a questo riguardo il grafico sopraindicato: «Principio dell’assunzione collettiva dei rischi, anche detto principio di solidarietà»). Può tuttavia accadere che un evento particolare, come una catastrofe naturale o una pandemia, colpisca molte persone allo stesso tempo. Per questa ragione gli assicuratori ripartiscono i loro rischi sul lungo periodo e creano riserve negli anni favorevoli, quando si verificano meno sinistri, per poter far fronte ai rimborsi nei periodi che generano esborsi elevati.

Anche agendo in questo modo, non si può tuttavia escludere che un sinistro particolare causi danni di una tal entità che l’assicuratore non sia in grado di sopportare da solo le conseguenze finanziarie. Per questa ragione esistono le riassicurazioni, che coprono l’assicuratore dai rischi residui.

Assicurazioni sociali: protezione da situazioni finanziarie difficili

Le assicurazioni sociali sono un complemento degli altri tipi di assicurazione. Tra le più importanti si ricordino l’assicurazione vecchiaia e superstiti (AVS), l’assicurazione contro gli incidenti professionali, l’assicurazione contro la disoccupazione (AD), l’assicurazione invalidità (AI), l’assicurazione per la maternità e l’assicurazione malattia obbligatoria (AOMS). Tali assicurazioni offrono una protezione contro i rischi di cui non si possono fronteggiare da soli le conseguenze finanziarie.
Le assicurazioni sociali creano una comunità solidale nella quale, per esempio, i più giovani aiutano con i loro contributi le persone più anziane (AVS) o nella quale i lavoratori occupati sostengono i disoccupati (AD).
Le assicurazioni sociali sono obbligatorie. Se fossero facoltative, non tutti le sottoscriverebbero poiché esse comportano una redistribuzione degli oneri assicurativi (principio della solidarietà). Per esempio, le persone che hanno una buona formazione sono contributori netti rispetto all’AD, mentre quelli che guadagnano meglio lo sono rispetto all’AVS, assicurazione per la quale i contributi dipendono dal salario e non sono soggetti a massimale, mentre al contrario le rendite di vecchiaia non possono superare un ammontare fissato.